Dal Rapporto Enea-CTI emerge come oltre il 60% del parco immobiliare italiano sia nelle classi energetiche meno efficienti, in quanto costruito principalmente tra il 1945 e il 1972. Motivo per cui in futuro la ristrutturazione potrebbe essere centrale nel settore.
Il ruolo che giocheranno nei prossimi anni le prestazioni energetiche degli edifici, all’interno dell’economia di settore, è chiaramente molto alto. La qualificazione della distribuzione edile, per quello che le compete, è quindi uno dei driver più interessanti e promettenti, indipendentemente dalle agevolazioni fiscali.
Lo dimostra il Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici, realizzato da Enea e Comitato Termotecnico Italiano, basato su oltre 4,5 milioni di attestati di prestazione energetica (Ape) del periodo 2016-2019, di cui l’85% riguardanti immobili residenziali: oltre il 60% del parco immobiliare italiano sia nelle classi energetiche meno efficienti (F-G), in quanto costruito principalmente tra il 1945 e il 1972.
Ma dal Rapporto emerge anche un aumento del 3% per quanto riguarda gli immobili a elevate prestazioni energetiche nel periodo compreso tra il 2016 e il 2019. Il 90% delle nuove costruzioni rientra nelle classi energetiche più efficienti, mentre oltre il 60% degli immobili residenziali rientra ancora una volta in classi energetiche meno efficienti.
Aumentano gli edifici ad elevate prestazioni energetiche, che passano da circa il 7% al 10% del totale nel periodo 2016-2019, grazie al contributo di ristrutturazioni importanti e di nuove costruzioni.
Questi dati evidenziano almeno due importanti considerazioni: la prima, se andiamo a considerare l’altissima percentuale di efficienza energetica dei nuovi edifici, è che ormai il trend della “qualità” energetica degli edifici è una realtà consolidata; la seconda è che il lavoro per migliorare l’efficienza del 60% degli edifici, ancora deficitari da questo punto di vista, potrebbe facilmente essere centrale per i prossimi lustri.