Pagamenti, con la crisi aumentano i ritardi

03/12/13

pagamenti timing

Un po’ difficoltà vera, un po’ malcostume. E la famosa direttiva europea, e la nostrana direttiva sui pagamenti, come era facile immaginare, è pienamente disattesa

Crisi e credit crunch portano al taglio dei termini di pagamento concordati. Ma nel contempo si registra un leggero aumento del numero dei giorni di ritardo. Nel secondo trimestre 2013 servivano in media 77,8 giorni per liquidare la fattura: un anno fa, nello stesso periodo di riferimento, ne occorrevano 79,1. Sono in aumento i ritardi e tra le Pmi italiane si registra un calo del 2% della quota di aziende che pagano regolarmente i fornitori. A rivelarlo è Payline, database di Cerved che raccoglie le abitudini nelle transazioni commerciali di oltre due milioni di imprese italiane. Il credit crunch porta con sé un altro fenomeno. È quello dei fornitori che chiedono, perlopiù ai commercianti, di essere saldati al momento della consegna della merce, a giorni zero. Un fenomeno in crescita. «Nell’ultimo semestre abbiamo registrato un deciso incremento di questa forma di pagamento», sottolinea Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group. Una mossa dettata dalla necessità di ridurre il capitale circolante ed evitare ritardi e insolvenze, ma non esente da rischi. «Non è una soluzione per il lungo periodo, perché mette in difficoltà la filiera dei clienti – continua De Bernardis -. È una soluzione-tampone, che schiaccia soprattutto le piccole aziende».

In assoluto sono le grandi imprese le meno puntuali: appena l’11%, contro il 13,2% dello stesso periodo del 2012, rispetta i termini concordati. Le Pmi sono sempre più in affanno e lo conferma il calo della puntualità, più diffuso tra le realtà del comparto industriale: solo il 45,3% salda alla scadenza contro il 49,1 del 2012. Nel terziario poco più di un’azienda su tre è puntuale, mentre nell’edilizia si concentrano le Pmi che subiscono gravi ritardi (una su dieci).

L’allungarsi dei tempi è un fenomeno che coinvolge l’intera penisola con intensità diverse. Nel Mezzogiorno le Pmi segnano un ritardo medio vicino al mese, che scende ai 23,4 giorni nel Centro Italia per attestarsi poco sopra le due settimane al Nord-Ovest. Va un po’ meglio nel Nord-Est, «nonostante un leggero aumento di quelle che pagano in grave ritardo» precisa De Bernardis, mentre le più lente – la quota sul totale oscilla intorno al 15% – si trovano nelle isole.

A finire sotto pressione sono soprattutto le aziende con meno di venti addetti che, secondo una recente indagine di Fondazione Impresa, devono attendere in media 120 giorni per essere saldate dalla Pa e 88 giorni nei rapporti con i privati. «Nonostante la direttiva europea la situazione è peggiorata – sottolinea Daniele Nicolai, ricercatore di Fondazione Impresa -: nell’ultimo semestre si è registrato in media un allungamento di una decina di giorni».
Tra piccole e micro attività le più in difficoltà nei rapporti con la Pa sono quelle dei servizi, mentre quando la controparte è un privato aziende artigiane e manifatturiere attendono in media quasi cento giorni. Nel commercio, invece, si lavora con il saldo a un mese o alla consegna. Certo, un miglioramento lo potrebbe portare la direttiva sui pagamenti, ma finora «i suoi effetti non sono tangibili» e solo un imprenditore su quattro si aspetta dei vantaggi.
Le microaziende devono fronteggiare tempi troppo lunghi rispetto alle indicazioni della direttiva e in aumento rispetto allo scorso anno: in dodici mesi il saldo tra privati avviene a 88 giorni rispetto ai precedenti 77, mentre la Pa onora i suoi impegni dopo 120 giorni anzichè i 104 del 2012.
(Fonte: ance.it – Il Sole 24 Ore – 25/11/2013 – di Enrico Netti)

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