Il nuovo esecutivo ci prova, ma il nuovo Codice degli Appalti è un osso duro che, per farla breve, andrebbe riscritto
Come abbiamo dolentemente più volte ricordato, la farraginosità del nuovo Codice degli Appalti, unito alla insipienza della Pubblica amministrazione, hanno negli ultimi tempi pesantemente ritardato, per non dire ostacolato, la ripresa del settore delle costruzioni.
A questo tarlo che ormai pare invincibile cercherà di mettere mano il nuovo governo, con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che al grifo di “rilanceremo gli investimenti pubblici” ha deciso di organizzare una task force dedicata alla soluzione del problema, piuttosto incatenato dalla burocrazia.
La sfida, bella e speriamo possibile, parte da numeri alquanto critici: dal 2008 al 2017, infatti, gli investimenti degli enti territoriali sono diminuiti del 50%. Il range di tempo stimato per la realizzazione di un’opera pubblica varia dai 2 ai 15 anni, e si può discutere (anzi, non si altro) sulla qualità dei progetti che genera più o meno sempre della varianti costose, all’inadeguatezza delle stazioni appaltanti dove nessuno sa che cosa fare, eccetera.
Un esempio di indolenza operativa vale più di mille parole: considerando l’arco temporale che va dall’inizio della progettazione alla conclusione dei lavori, si evince che, come già accennato, i tempi medi sono di 15 anni. Il 66% del tempo (quindi circa 10 anni) sono rappresentati dalle fasi che precedono l’inizio dei lavori (iter progettuale e autorizzazioni varie) il restante 34% riguarda la realizzazione dei lavori. L’unica cosa che viene da dire è: auguri.