Ci si domanda come funzionerebbe la nostra economia di settore se operassimo in uno stato che non facesse danni. Aumenta i permessi di costruire, anche il cemento ha rivisto la luce. Ma che fatica…
Ci siamo già occupati del grave problema dei ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione (che sono però migliorati rispetto al recente passato) perché queste inadempienze condizionano pesantemente gli investimenti nel settore delle costruzioni. Le imprese non incassano il dovuto e quindi non riescono a procedere con altri lavori, anche perché (e anche ciò l’abbiamo segnalato) l’accesso al credito rimane sempre molto difficoltoso.
Così, mentre negli altri paesi dell’Unione europea la media della crescita del PIL è del 2,4%, noi ci dobbiamo accontentare di arrivare faticosamente al punto percentuale, e poiché edilizia e costruzioni rimane comunque uno dei più importanti “fornitori” per la produzione del benedetto PIL (intorno all’8%, con tendenza positiva nell’ultimo trimestre 2017) ecco che, ancora una volta, si manifesta l’assurdo paradosso di come lo stato e il sistema in genere continuino a rappresentare un freno, un vero e proprio ostacolo, alla crescita.
Tanto per fare un esempio, dopo anni di sostanziale crollo che hanno fatto perdere il 60% dei volumi (e del conseguente fatturato), il settore del cemento ha chiuso il 2017 con una crescita dello 0,4%, con previsioni di ulteriore crescita dell’1% per questo 2018. Ovvero: la situazione pare davvero sia cambiata: mercato immobiliare in crescita, produzione (da quel che sento) che non si lamenta, distribuzione stagnante ma qui ci sarebbero ben altre dinamiche da analizzare. Insomma, tutto cambia tranne ciò che davvero conta, ovvero uno stato (e la sua Pa) che si dia da fare per non diciamo favorire, non bisogna chiedere troppo, ma almeno non intralciare la parte sana del paese.