Non riusciamo a cedere lo scettro di settore dove le aziende che vanno in default sono al primo posto. Ma anche in edilizia il fenomeno si sta ridimensionando
Secondo la classifica stilata dal Crif, il settore delle costruzioni è quello dove è più numero il numero dei fallimenti. La percentuale, rispetto al totale delle imprese (in senso lato) nazionali raggiunge infatti il 6,2%, ma le cose stanno migliorando.
Cero, se pensiamo alla tragica moria di imprese edili degli anni della crisi (600.000 addetti hanno perso il loro posto di lavoro e il mercato ha perduto il 35% del suo valore) la percentuale del 6,2% ci sta tutta. Rimane sempre da considerare il fatto chela fragilità delle imprese di costruzione nostrane è endemico, che i ritardi nei pagamenti sono ancora per troppi la prassi (anche se non è sempre colpa loro) e che per tanti anni, in passato forse più di oggi, far fallire la propria attività e farla ripartire il giorno dopo con un altro nome era cosa frequente.
La situazione rimane, concettualmente parlando, sempre più o meno la stessa. I fallimenti rallentano perché i casi più disperati sono scomparsi da tempo dal mercato, perché un po’ di legislazione ha smesso di far credere che tutti possono aprire un’impresa edile (che è sempre facile) e lavorare (che è più difficile).