I comuni sono invitati a rivedere i criteri di spesa e i relativi pagamenti. Ovvero, arrivano i tagli alla riqualificazione delle periferie per finanziare altro
Un paese per molti aspetti disastrato come il nostro, che ha debiti dappertutto e con chiunque, che deve altresì combattere quotidianamente con la politica e la burocrazia, che deve infine fare i conti con l’inesorabile invecchiamento strutturale del costruito, nella sua più ampia accezione, avrebbe come minimo bisogno di un po’ di serietà da parte di chi ci governa, e non è un problema di oggi. Per esempio, mantenere almeno la parola data, e offrire così al tessuto produttivo, anche qui nella sua ampia accezione, qualche punto di riferimento certo.
Bloccare, da parte del governo, i fondi destinati al recupero delle periferie, peraltro già approvati e magari anche disponibili significa scompigliare le carte in tavola e togliere le poche, flebili certezze che pensavamo di avere. Parliamo di cifre che si aggirano globalmente sui 3 miliardi di euro, soldi che, molto probabilmente, serviranno per sostenere iniziative, secondo i diversi punti di vista e i differenti interessi, magari anche lodevoli come la flax tax, i redditi di cittadinanza, qualche intervento per le pensioni, e così via.
Così, mentre il degrado rimane, forse avremo questo e forse avremo quello, fino a quando, grazie ai tempi biblici della Pubblica amministrazione, ci sarà un nuovo esecutivo che bloccherà il bloccabile – i soldi sono sempre quelli – e ripartiremo daccapo. Dopo decenni di promesse, dopo anni e anni di incuria del patrimonio edilizio pubblico, dopo le tragedie che continuano a colpire, in tutti i sensi, i cittadini e le imprese di questo disastrato paese ci si domanda se gli esercizi di imbecillità, di ignoranza e di approssimazione avranno una fine. La risposta è quanto mai incerta, tendente al brutto.