Qual è l’altezza minima di un seminterrato abitabile? Mansarde, soffitte e piani seminterrati sono quei locali di una proprietà immobiliare che, se non messi a norma e resi agibili, scivolano nel dimenticatoio e vengono sfruttati per meno della metà delle loro potenzialità.
Bene che vada finiscono per essere utilizzati come enormi ripostigli in cui accatastare tutto ciò che non trova spazio nei locali abitati della casa.
Nella peggiore delle ipotesi si trasformano in luoghi malsani, umidi e malandati.
Perché invece non riabilitare il seminterrato e renderlo il valore aggiunto del proprio immobile?
Riqualificare il seminterrato trasformandolo in un piano perfettamente abitabile e confortevole, da destinare a sala hobby o miniappartamento completo di bagno, cucina e zona notte.
Non solo fa salire il valore economico della proprietà immobiliare (elemento da non sottovalutare in prospettiva di una futura vendita), ma aggiunge nuove comodità e funzionalità nella vita di tutti i giorni in casa.
Il recupero come alternativa al consumo di suolo è tra l’altro un trend in forte crescita: sono diverse le Regioni italiane che hanno messo a punto regolamenti finalizzati ad incentivare il recupero dei seminterrati, rendendo anche più semplice l’iter burocratico per ottenerne l’agibilità.
Cos’è esattamente un seminterrato?
Può essere definito seminterrato quel locale di un edificio il cui intero perimetro sia posizionato ad un’altezza inferiore a quella del terreno, per un massimo di due terzi del totale.
Di norma il seminterrato presenta le seguenti caratteristiche:
L’iter burocratico per i lavori di ristrutturazione si avvia mediante due diverse modalità, che prevedono la presentazione al Comune di riferimento di:
Quest’ultimo è il caso più diffuso: l’immobile è dotato di un piano seminterrato allo stato rustico – dunque non agibile – e intendiamo ristrutturarlo per aggiungere metratura abitabile alla nostra casa.
Ma quali caratteristiche “fisiche” deve avere il seminterrato per considerarsi abitabile? Quali sono i requisiti minimi di abitabilità per un seminterrato allo stato rustico?
Se vogliamo trasformare un buio seminterrato in un piacevole piano aggiuntivo dell’immobile, da vivere con tutti i comfort del caso, dobbiamo anzitutto verificare che il locale che vogliamo riqualificare soddisfi il requisito dell’altezza minima.
A livello nazionale, la norma di riferimento, il D.M. del 5 luglio 1975, fissa l’altezza minima per i seminterrati di immobili residenziali a 2,70 metri.
Come accennato, però, esistono leggi regionali create ad hoc per disciplinare il recupero dei seminterrati con fini abitativi che, in alcuni casi, possono concedere deroghe alla norma nazionale.
Il dato, inoltre, può variare anche in base alla tipologia di stanza e alla morfologia del territorio.
In particolare:
Le regole cambiano in base alla regione anche per quanto riguarda la richiesta di deroga: solo in alcuni casi quest’ultima non è obbligatoria, mentre nella maggior parte dei casi va presentata insieme ad un progetto di ristrutturazione.
Il progetto deve documentare una serie di interventi di recupero edilizio e soluzioni finalizzate al miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie dell’alloggio mediante ampliamento della superficie dei vani abitabili, installazione di finestre più grandi, riscontri d’aria trasversali e altri sistemi di ventilazione naturale ausiliaria.
Può capitare che il seminterrato abbia un’altezza inferiore a quella stabilita dalla norma.
Cosa fare in questi casi per adeguare il locale e renderlo abitabile?
Se l’altezza del seminterrato è inferiore ai requisiti minimi, una possibile soluzione per mettersi in regola consiste in un intervento di abbassamento della quota del pavimento mediante scavo interno.
Ipotizzando uno scavo terreno per abbassare la quota pavimento di un locale seminterrato a 30/40 cm, i costi per la realizzazione di un nuovo vespaio areato, compreso il getto armato della nuova soletta, si aggirano intorno ai 400 euro al metro quadro.
Laddove non sia fattibile operare con interventi di adeguamento e ristrutturazione, un’altra via percorribile può essere quella di chiedere al Comune una deroga alla normativa nazionale.
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