Il villaggio di Ar Ramadin al Janub si trova nella zona di confine della prefettura di Qalkilya e proprio nella zona del muro eretto in Israle. La zona fa ancora parte della Cisgiordania e i beduini di Ramadin mantengono ancora oggi la loro identità palestinese. La regione è una delle più verdi e fertili e, per questo motivo, la maggior parte della popolazione è composta da pastori e contadini.
Nel villaggio ci sono circa 80 studenti che frequentano la scuola (primaria e secondaria) a Qalqilya e Habla. Gli studenti possono usufruire di un bus messo a disposizione dal DCO (Distric Coordination Office) per andare da Ar Ramadin fino ad Habla dove si trovano le scuole. Tuttavia prima di arrivare ad Habla gli studenti devono superare un checkpoint israeliano con severi e costanti controlli.
I rigidi controlli impediscono agli studenti di recarsi a scuola in orario o, a volte, possono essere anche costretti a tornare indietro.
L’obiettivo del progetto,realizzato da Arcò (Architettura & Cooperazione), è stato quello di fornire una struttura in grado di ospitare gli studenti e di coinvolgere nella costruzione della scuola anche gli studenti del vicino villaggio di Al Farda.
I lavori sono stati condotti sotto le tende per nascondere il cantiere e evitare un eventuale ordine di demolizione dalle autorità israeliane. La semplice struttura in tubi di metallo coperti da tende è stata particolarmente adatta a questo scopo.
A causa della complessità della situazione politica ed economica, il processo di progettazione è stata condotto con una rigorosa attenzione alla gestione delle risorse disponibili e in forte connessione con la comunità locale.
Questa scelta ha portato alla decisione di utilizzare le tende come una risorsa, in particolare la struttura tubi di metallo è stata impiegata come una griglia attorno alla quale costruire le nuove mura.
La tecnica di Pisé, utilizzata nelle pareti esterne, è stata reinterpretata e adattata a questa idea.
Seguendo questo approccio le fasi di costruzione sono state suddivise in semplici passi elementari: rinforzare la struttura tubolare metallica, costruire un seminterrato solido e impermeabile, innalzare le pareti e il tetto isolante. Infine si è realizzata una costruzione di partizione con mattoni realizzati localmente come finitura finale.
Il riutilizzo dei tubi è un stato un’ottima soluzione per riciclare materiali che altrimenti avrebbero finito il loro ciclo di vita. I nuovi interventi sono stati realizzati con materiali naturali e basso impatto ambientale.
Le pareti sono composte da terra e paglia e sono state realizzate con due tecniche differenti: una miscela di paglia e fango compresso per le pareti e il mattone leggero fabbricato in loco per le murature esterne. Il soffitto e pavimento sono stati realizzati in legno con l’intonaco interno composto di argilla e calce.
L’estetica della struttura deriva dalla combinazione dei materiali disponibili, che vengono scelti per rispondere ai problemi specifici. L’aspetto dell’edificio nasce dal processo che lo ha generato.
I lavori sono stati eseguiti in auto-gestione da parte della comunità locale. Questo è stato fondamentale per fornire non solo un edificio, ma una dotazione di know-how per la comunità, che è stata direttamente coinvolta in tutto il processo, dalla progettazione alla costruzione.
Lo scopo di questo progetto è stato quello di creare un’opportunità di sviluppo in una situazione di emergenza. Un metodo di intervento innovativo che può essere utilizzato in diversi contesti per trasformare le azioni di emergenza semi-permanenti in azioni di sviluppo con un importo minimo di denaro.
Photos Credits:
ar-co.org
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