Debiti PA, pagamenti bloccati dalle sanzioni del patto di stabilità

24/06/14

pagamenti- blocco

Per gli enti locali il «dilemma» dei pagamenti Violare il patto di stabilità espone a sanzioni più alte rispetto alla direttiva

Patto di stabilità batte ritardi nei pagamenti 12 a 1. Ma in palio non c’è alcuna coppa. Anzi, la vittoria è amara, soprattutto per le imprese, costrette ad attendere il saldo di una fattura dalle amministrazioni pubbliche, comprese quelle che hanno in cassa i soldi per pagare, ma non possono farlo. Pena, appunto, le temibili sanzioni per chi viola il patto di stabilità interno. Queste sanzioni sono 12 volte più pesanti di quelle approntate dalla direttiva pagamenti per i ritardatari. Se l’Italia deve fare ora i conti con Bruxelles, che ha appena aperto una procedura di infrazione per i ritardi nei pagamenti, dunque, uno dei motivi è anche legato alle sanzioni.

Già, perché come sanno bene gli enti locali posti tutti i giorni di fronte al dilemma, si rischia molto di più a pagare che a non pagare. Quanto? Ebbene, prima di eguagliare i due diversi tipi di sanzione ci vogliono ben 12 anni. In altre parole, per un ente locale è preferibile non pagare l’impresa per 12 anni e versare ogni anno la mora indicata dalla direttiva pagamenti piuttosto che saldare subito il dovuto e sforare il patto. Soltanto all'(improbabile) raggiungimento del tredicesimo anno di ritardo il «conto» si pareggia. I calcoli li ha fatti l’Ance, l’Associazione dei costruttori, che ha messo sui due piatti della bilancia le due normative.

Il punto centrale è che se l’ente blocca il pagamento, secondo la direttiva (recepita in Italia con il Dlgs 192/2012) dovrà soltanto versare gli interessi legati al tasso Bce (oggi sceso allo 0,15%) maggiorati da interessi di mora pari all’8%. Per ogni 100 euro non pagati, quindi, si pagheranno 8,15 euro. Se al contrario l’ente ha già raggiunto il tetto massimo di uscite (il cosiddetto obiettivo di Patto) e decide comunque di onorare il debito versando i 100 euro, l’anno successivo si vedrà tagliare i trasferimenti per la stessa cifra: per ogni 100 euro pagati, cioè, ci saranno 100 euro in meno ricevuti. Ovvio che tra le due situazioni non c’è partita. E lo dimostrano anche i dati ufficiali del Mef: a oltre un anno dal varo dall’operazione sblocca- debiti, che per partire ha avuto bisogno proprio di allentare il Patto, sono solo 23,5 i miliardi di debiti onorati, meno di un terzo dei 75 miliardi stimati da Bankitalia.

In più, la «multa» di importo equivalente non è l’unica conseguenza a cui va incontro chi sfora il patto. Ce ne sono altre quattro, altrettanto pesanti. Le ha ricordate la Ragioneria dello Stato con la circolare n. 6/2014: si va dal blocco totale delle assunzioni (compresi gli interinali e i collaboratori) al divieto di contrarre mutui per finanziare nuove opere pubbliche, fino al limite alle spese correnti, parametrato sull’ultimo triennio. Senza contare che gli amministratori che sforano pagano in prima persona con un taglio del 30% alle indennità. Ogni euro di debito non pagato, poi, significa un euro di deficit risparmiato e contribuisce così al rispetto formale del parametro deficit/Pil al 3 per cento.

E infatti in pochi osano sforare. L’ultimo aggiornamento dei costruttori parla chiaro: in cassa Comuni e Province hanno 6 miliardi, bloccati dal patto di stabilità interno. Soltanto in Lombardia il «tesoretto» oltrepassa il miliardo di euro (1,2 miliardi per l’esattezza). A questi si aggiungono i 2,5 miliardi di euro fermi nelle casse delle Regioni. In tutto 8,5 miliardi congelati.

«Un macigno» secondo il presidente Ance, Paolo Buzzetti, che da anni chiede l’allentamento dei vincoli contabili. I costruttori sono tra i più penalizzati, perché i pagamenti delle opere pubbliche sono «in conto capitale» e soffrono di tutti i limiti del patto. Per questo motivo, per Buzzetti «è fondamentale sostenere il governo nella sua battaglia in Europa per porre fine all’austerity assoluta».

[Fonte: ance.it – Il Sole 24 Ore – 23/06/2014 – di Valeria Uva]

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