Da una parte l’informatizzazione e un presunto rigore formale premono, dall’altra mancano gli strumenti per mettere in pratica i buoni propositi. Un altro csa in cui la medicina è peggio della malattia
Se esiste al mondo un settore che ha un disperato bisogno di innovazione, ebbene questo settore è quello delle costruzioni. Lasciamo perdere per una volta il discorso PIL, quello che vede il nostro paese crescere della metà della media dei paesi europei, e quindi del fatto che in Italia, rispetto agli altri stati, manca proprio l’apporto del settore incriminato, perché sostanzialmente fermo.
Parliamo invece di codice appalti e di cantieri, un mistero per niente buffo, che sta mettendo in crisi non solo i “grandi”, ma anche e soprattutto i “piccoli” (e fra questi anche la distribuzione edile nazionale) perché le grandi opere sono portare avanti da una infinità di subappaltatori, che devono lavorare non diciamo perdendoci ma quasi, mettendo così in crisi una qualità del lavoro nel suo insieme, guarda caso proprio ciò che il nuovo codice e per la sua parte anche il BIM dovrebbero tutelare.
Innovazione e realtà camminano ancora distanti. Si vogliono fare le cose per bene, ma non ci sono gli strumenti per farle. Un esempio clamoroso? Eccolo: con il nuovo codice degli appalti, i commissari di gara devono essere iscritti a un Albo, che però ancora non c’è. Per cui, gare ferme, in attesa dell’Albo. Un altro esempio? Pronto: le stazioni appaltanti dovrebbero applicare il nuovo codice, ma non hanno le competenze. E avanti così. Quel che più conta, almeno per la parte di popolo che lavora, è che le nuove norme e le procedure incomprensibili ci hanno fatto perdere circa 60 miliardi di cantieri di infrastrutture. E, a quanto pare, non è finita, anche perché il governo latita, con quel che ne consegue.
